Molti di voi avranno sentito parlare nella loro carriera di espresso napoletano e assieme ad esso, probabilmente, anche di numerose leggende che intorno ad esso circolano. A me è capitato di sentire storie sulla particolare acqua di Napoli, sulle speciali macchine a leva utilizzate a Napoli, sulla temperatura altissima delle tazzine, sull’abbondanza dello zucchero, perfino pensate sull’aria fine del Vesuvio.
Ebbene mi dispiace deludere chi mi legge ma nulla di tutto ciò è vero, o meglio ci sono alcuni elementi che contribuiscono a vivere un’esperienza di consumo particolare ma nessuno di essi conferisce tratti organolettici particolari alla bevanda che si definisce “espresso napoletano”. Per spiegarmi meglio e ancora più chiaramente: è possibile bere un espresso napoletano perfetto in qualsiasi parte del Mondo.
La definizione
Partiamo perciò da una possibile definizione: l’espresso napoletano altro non è che una declinazione dell’espresso italiano, potremmo anche definirlo un prodotto tipico. E’ un caffè espresso del volume di massimo di 18 ml, in tazza la bevanda è di una persistenza e di un corpo eccezionale, l’amaro prevale sul dolce, l’acidità è azzerata, la crema è finissima, di colore fulvo tendente al bruno. Con le migliori miscele è possibile notare un sapore netto e deciso di liquirizia e cioccolato fondente. La tazzina di servizio preferibilmente è bassa e larga.
L’estrazione
Ok, ma come si ottiene? La ricetta è una combinazione di materia prima, quindi determinati caffè crudi, un ben preciso profilo di tostatura, particolarmente spinto, un’estrazione eseguita al limite della sovraestrazione e in ogni caso con un brewing-ratio non più basso di 1 a 2.
Vi racconto adesso un aneddoto accaduto a me nei primi anni 2000. Andai in un bar di Napoli che ci aveva chiamato per provare una delle nostre prime tostatrici. Utilizzai una miscela di caffè crudo bilanciata con l’80% di caffè arabica e il 20% di Robusta, entrambi di grande qualità. Dopo aver tostato il caffè nell’unico modo che all’epoca conoscevo, cioè in circa 15 minuti, lo provammo insieme al cliente. Il responso fu: è buono…. Ma è LASCO.
Mi dissi, ok. Proviamo con una miscela di 60% Arabica e 40% Robusta. Lo tostai e lo provammo insieme. Ancora una volta: è buono… Ma è LASCO.
Ok. Riproviamo. 30% Arabica 70% Robusta. Tostato, assaggiato: è buono, ha meno sapore… ma è LASCO.
Stessa routine: 100% Robusta. Tostato. Assaggiato: è LASCO ed è anche AMARO!
Per me quella fu una grande delusione ma anche un fortissimo stimolo a ricercare, a studiare e a capire. Oggi possiamo vantare decine di clienti soddisfatti su Napoli che tostano con Tostabar, e altrettanti clienti in molte parti d’Italia e del Mondo che propongono una miscela Napoletana nella propria carta dei caffè!